![]() |
foto federica sabbatini scattata presso l'isola di Othoni |
“è
che tu rubi ogni sospiro”.
non credevo che esistesse
l’irreale
al di fuori della poesia
né un bianco così acceso di un
cipresso
a innalzare l’azzurro.
un tramonto mi arginò l’anima
e mi rese
un pensiero mai avuto:
non riuscì a guardarmi dentro
senza mentirmi
e ingannavo un futuro
mettendo pietre a costruire un
miraggio.
strade in salita e tratti
celati,
il sole che rende un profilo.
non posso che essere una macchia
su quest’orizzonte che accoglie ogni rimpianto:
su quest’orizzonte che accoglie ogni rimpianto:
“è che tu rubi ogni sospiro”,
ti urlai senza che altri udissero.
ti urlai senza che altri udissero.
mi spalmai sulle labbra ciò
che avevo dentro
e solo tu m’intuivi.
sai che nel seno mi crolla sempre un indefinito.
sai che nel seno mi crolla sempre un indefinito.
un blu che diviene onda ogni
qual volta respira il vento
e, io, al suo cospetto, sciolgo le mani a farne spuma
(cerco d’imitarlo)
ma ricalcare il suo essere potrebbe erigere la mia pazzia
e mi faccio sagoma per inghiottire ogni fiato che mi ruba.
gli
rendo la preghiera che feci a Dio.
e insistevi a dirmi che nulla
eguaglia quegli scogli
e che null’altro potrebbe
impiccare un fiato
e io ti lasciai dire mentre
non rifugiavo i capelli dal vento
e li lasciavo annodare come
fossero cime
e pregavo.
pregavo che ogni fluire restasse incastrato in
quell’orizzonte.
non credevo che fosse così
bello impazzire
mai avrei immaginato di
soffocare ogni rimpianto
mai avrei desiderato morire
altrove
e mai avrei creduto che
l’amore avesse le sembianze di un’isola.
mi ritrassi surreale in
qualche pietra e dimenticai i gabbiani
appoggiandoli su quella
panchina e nelle finestre dal doppio orizzonte
in quanto qui tutto
dimenticai, perfino quel ritratto sbadato,
che aspetto mi venga fatto
non seppi più cos’era un
perdono e nonostante parlassi
in realtà era un silenzio
che dal faro alle case
dirompeva nel mio petto.
non esistevano ore e non
esisteva più alcun percorso
e mi stupii di quel verde a
cadere in case dismesse
e degli ulivi alti a lambire i
sogni.
© federica sabbatini