domenica 18 maggio 2014

Sono una di terza classe - federica sabbatini da "Perdonate il Bianco e il Nero"

Lo so Capitano, che sono una di terza classe, ma, sa, non mene dispiaccio: viaggio in terza classe e ci sto bene. Qui si balla,qui si vive, qui si fa l’amore sopra i barili e si sente odore di vita.

No Capitano, non è puzza, è profumo di cose dette, di cantilenee tamburi, è un angelo che si mischia con il peccato, è un grido esistere.

Allora che ci faccio qui in prima classe? Sono un attimo salita a vedere, sono curiosa, sono venuta a origliare l’amore ricco e sa, non mi piace l’amore vostro... l’amore in prima classe è una banconota stampata, invece da noi l’amore sa di Gerbera e i petali sanno cadere. Cosa? Sono insolente? Mi vuole punire? E va be’, capitano, petalo più o petalo meno, intanto sono riuscita a vedere un brillante, è vero, brilla, ma solo sotto la luce. Io Capitano, forse, le sembrerò un po’ vanitosa, ma so brillare anche al buio, quando sogno, quando mi mischio alla luna e alle stelle, e grido le maledizioni al mare; la notte, quando scaccio le ansie con la fatica del giorno, dopo averlo stretto tra le mie gambe sui sacchi di juta. Cosa? Non sono cose che si addicono a una ragazza? Ma, guardi che l’ho vista ieri quando si avvinghiava alla Rosina, l’ho vista quando la pagava per un’ora d’amore. No, Capitano, non la giudico, ognuno cerca l’amore a suo modo, e, poi alla Rosina quei soldi servono, sa, ha un marito che è fuggito e due figli da sfamare; anzi, Capitano, ci torni anche stasera dalla Rosina, potrebbe innamorarsi. No, non si offenda: ho soltanto parlato d’amore... Ma perché voi ricchi vi scandalizzate sull’amore e poi non vi offendete di fronte all’odio? Ne ho visto tanto in prima classe, pensi, anche addosso ai vestiti, ai colli di pelliccia, ai cappotti, ai gioielli. Da noi si odia per cose vive, dove abitavano io ho visto litigare due contadini per una mucca, due fanciulle per il figlio del mugnaio e due ubriachi all’osteria di Mario per due bicchieri di troppo.

Sa, Capitano, voi forse avete la pelle che profuma di acqua di colonia, noi, Capitano, abbiamo la pelle che sa di esplorazioni, chi non esplora il dolore non può saper guardare oltre gli sguardi. Io l’ho vista Capitano: lei è uno che i dolori li scansa, ma sbaglia, sa? Il dolore va vissuto, maledetto, bestemmiato, divorato. Io è così che ho imparato a scorgere l’anima. È una gran cosa l’anima, sa Capitano, l’anima va oltre e, meraviglia, esiste. Io non ci credevo, sa? Ma le giuro che l’ho vista, pensi, anche in lei, perfino in quella megera della prima classe, non è una grande anima, ma ce l’ha anche lei. Ce l’abbiamo tutti. Allora, Capitano, stasera torni dalla Rosina e provi a carpirne l’anima, ci s’innamora di esse, sono le nuvole dei nostri cieli. Anche noi abbiamo un cielo, il mio la notte si riempie di stelle e ha la luna che illumina le nuvole. No che non sono sciocchezze, sono sogni, provi ad averne, li leghi al timone della sua nave e sa che orizzonti!

Ora, Capitano, le chiedo scusa se l’ho offesa, ma io le ho detto cosa pensavo e non l’ho fatto ostentando quella bruttezza e bramosia di sputare le cose in faccia, l’ho fatto porgendole il rispetto, l’ho fatto per farle notare la bellezza delle sirene della sua nave, l’ho fatto per poterle regalare una porzione dei miei orizzonti.


Buona notte, Capitano


federica sabbatini
tratto da "Perdonate il Bianco e Nero".