Un testo e foto, questi di Massimo Gallo (autore romano per il quale nutro una grande stima), che ampliano
i ricordi di quando la vita era a scolpire i giorni.
“C’è stato un tempo”, recita, “in cui avevamo il cuore
nelle mani” un tempo che molti di noi ricordano con dolce malinconia poiché
quel tempo l’hanno vissuto o sentito raccontare dai propri genitori, dai propri
nonni, dal vicino di casa, dagli anziani che ricordano un mondo a colori anche se
le foto erano in bianco e nero. Un tempo che, in qualche modo, è ancora
doverosamente nostro e che la sua parvenza non può far meno di ridestare in noi
il contrasto tra la tristezza e la gioia di un passato denso di gesti ormai
perduti, fosse solo per il fatto che il tempo se ne va e ogni epoca lascia
l’opportunità ( o la responsabilità ) di non dimenticare, anche se, spesso
accade.
“Non dimenticare da dove vieni” sembrano dire le frasi e le foto che
si susseguono a delineare con gli occhi di bambino ora fatto adulto, il cuore
ancora rivolto agli anni trascorsi a sorgere
con il sole, con la nostalgia per quelle carezze umide di terra e che
si ricorda di quanto tutto fosse piccolino
da sopra le spalle di papà e che da lì sopra poteva toccare il cielo -fosse stato solo travi grandi e nere – noi bambini ancora
seduti sull’uscio ad attendere “la voce di madre” volare tra le spighe
del grano e giungere a delineare un tramonto. Solo che quel bambino siamo tutti
noi.
Sono flashback che appartengono a
tutti, anche se cambiano di forma, anche se abbiamo diretto il film della
nostra infanzia in anni diversi poiché
gli occhi dei bambini sono gli stessi a
perdere fiato nella rugiada.
su "Perdonate il Bianco e il Nero" di Federica Sabbatini
"Perdonate il Bianco e Nero"
Onirica Edizioni
L’intera gamma di colori compresa ogni sfumatura possibile
racchiusa negli estremi di un titolo; un filo nero a delimitare di donna un
profilo con lo sguardo remissivo appena tratteggiato soltanto sulla copertina
completamente bianca ed un sottotitolo “percorsi e poesie” ad indicarne la
strada. Questa l’introduzione grafica del libro di Federica Sabbatini,
Perdonate il Bianco e il Nero, Onirica Edizioni 2012, con l’aggiunta
sul retro-copertina di poche notizie biografiche. Perché l’essenziale è
racchiuso in poco meno di ottanta pagine dense di vissuto, scure di precisa
cognizione di causa ed esatte nel loro essere in bilico tra realtà e sogno.
“…e un giorno si ritrovò disarmata nell’osservare il suo
riflesso allo specchio”potrebbe definirsi l’incipit di questo connubio di
versi, prosa e prosa poetica atti a conoscersi e ancor più riconoscersi, che
Federica Sabbatini affida a se stessa in primis e poi al lettore, chiamato ad
una sorta di lettura \ scontro non semplice con i temi proposti e con l’ottica
in cui vengono esposti: siamo di fronte alla presa di coscienza e posizione di
una ragazza che ha deciso di evolvere ed essere e vedersi donna, perché tale si
sente indipendentemente dalla fisiologia certa ed accettata che la vede madre
nel contesto abitativo e familiare (tu sei me, \ l’ammontare delle parole, \
il mio rinvio, il mio contrasto più acceso. \ […] tu sei l’unico mio perdono –
si legge nella dedica a sua figlia). Un cammino seminato di insicurezze –
pronte a sbocciare in frutti maturi – e obblighi da elaborare e da cui
raccogliere se stessi (autrice elettori), veri e autentici; un procedere
difficoltoso del quale spesso si avverte come un senso di colpa,
quasi fosse un errore la volontà di crescere in maniera differente da quanto
gli altri vorrebbero (Cosa senti, cielo? \ anche tu soffri delle
dispersioni? \ l’intromettersi nel tuo intimo?); un avanzare anche nella
lettura a passo man mano più lento, misurato, perché da istintivo si è fatto
cosciente e voluto.
Un testo dettato e governato da Amore, che ricama nel
quotidiano dolore del non-essere-ancora e costantemente richiama a sé, dando la
grazia di una scrittura colma d’affetto cercato e donato senza misura, casa per
un Io desideroso d’accettazione e straripante di dolcezza non stucchevole, ma
tale da rendere una forza ancora maggiore ad una poesia e ad una prosa
preziose, leali e sincere. Come sincera è la voglia dell’Autrice di farsi
scoprire nella sua nuova età, con le sue difficoltà ancora in itinere e con la
sua grande forza di voler riuscire nella “situazione” più immutevole e
difficile per ciascuno: amare ed essere amata (Una volta mi bastavo, \ ora,
senza di te, sono una metà \ e questo mi fa paura e mi rasserena, \ contrasto
rassicurante e tormentoso, \ tu, radice benevola e infestante.) – [Angela
Greco]
.
di seguito i versi (così sulla pagina) che chiudono il
testo:
“E’ una notte alla quale hanno rubato i silenzi e gli
angeli.
Avrebbero voluto tappare e riempire questa bottiglia
con i respiri delle foglie mosse dal vento.
Avrebbero voluto dipingere il bagliore della luna,
sul tuo corpo,
(solo per regalarti un miraggio di luce),
ma vi hanno condannato a mille tempi di riverberi,
riflessi che si levano e dissolvono
come le visioni dei folli.
Saranno le attese a scolpire le vostre rughe.
Io non appartengo alla seta,
ma ad incanto e furore e grida.
Sono pazzia e follia
(nei mie spazi, ma anche fuori)
e molte come me
sanno che ridere può dar noia
(e allora rido).
Ho aperto tanto:
finestre, cieli e gambe
(e cuore, ma questo poco conta);
e ho mostrato ancora di più:
fegato, mani e seni
(e occhi, ma non sono stati notati9;
ho anche brindato oltre misura
per rendere grazie alla mia bocca
e quella di altri (ma forse non ho ancora finito).
…ma dove sono scappati tutti? E i miei tratti?
Resto in movimento, qui, a mangiarmi le unghie
osserverò e seguirò persone e venti e poi sarò di nuovo con
me.
Adesso, raccolgo un petalo e provo a incarcerarne il
profumo:
io non apparterrò mai alla seta.
***
Ringrazio Angela Greco per le parole che ha dedicato al mio
libro e per aver compreso l'intimità dei miei versi. Consiglio a tutti di visitare il suo blog, uno spazio colmo
di poesia ....
"Federica Sabbatini nasce ad Arcevia nel 1978, un
piccolo paese in provincia di Ancona, dove tutt’ora oggi vive insieme
a sua figlia.
Inizia a scrivere giovanissima, principalmente poesie,
prosa poetica e riflessioni ma solo da poco tempo ha iniziato a
comprendere l’importanza della condivisione, da quando un
poeta contemporaneo le ha aperto gli occhi spiegandole che “la
poesia diviene tale solo dal momento in cui la si condivide”.
Negli ultimi due anni ha iniziato a rendere pubblici i
suoi scritti partecipando a concorsi letterari e conseguendo
alcuni riconoscimenti tra i quali il secondo premio al premio
letterario “San Benedetto nel cuore” nella sezione narrativa, prima
classificata al premio letterario “Spiragli” di Altamura e una
menzione d’onore al concorso letterario “Leggiadramente” della
associazione “Carta e Penna” di Torino. Le sue poesie appaiono
in varie antologie di concorsi.
Nel dicembre del 2012 pubblica per la casa editrice
"Onirica Edizioni" il suo primo libro di poesie e prosa poetica dal
titolo "Perdonate il Bianco e Nero".