Libro "Perdonate il Bianco e il Nero"



Autore: federica sabbatini
Casa Editrice: Onirica Edizioni
ISBN: 978-88-96797-43-3

Il libro si può acquistare direttamente dal sito della casa editrice cliccando qui


"Un percorso di donna, arduo, fatto di scelte difficili, di dolori inconfessabili, di ricerca della propria libertà e della propria dimensione. Un libro che aiuta chi non ce l’ha ancora fatta e in cui si potrà riconoscere chi invece è riuscito a ritrovare (o a scoprire) il vero “se stesso”.
Tra poesia e prosa poetica, Federica Sabbatini, si destreggia con abilità, magia, tensione lirica e quotidianità. Il suo è un perfetto esempio di storia con tratti autobiografici che si fa storia universale, in cui tutti possiamo rimanere coinvolti, oltre ad avere il privilegio di assaporare una scrittura poetica intensamente vibrante."

Daniela Cattani Rusich



Booktrailer
Immagini e foto federica sabbatini
Voce Daniela Cattani Rusich
Poesia "Chiedo Scusa"



Il booktrailer è presente anche su 



Poesia "Truccati il viso" tratta dal libro
e vincitrice del premio Spiragli 2012 di Altamura






Poesia "Sono donna e non un peccato mortale"
tratta dal libro






“Federica Sabbatini è una poetessa matura, con un registro linguistico suo, autorevole, indipendente. La sua silloge, "Perdonate il Bianco e il Nero", propone scenari viscerali, sorretti da versi informali e fluidi. Non manca quello che io considero un tratto distintivo e indispensabile della buona poesia: l'invenzione, linguistica e icastica. Una poesia al femminile, e quindi universale, perché l'universo è nato dal ventre di una donna.”

Bartolomeo Smaldone (poeta contemporaneo)






Recensione su "Perdonate il Bianco e il Nero"
a cura di Alessandro Moscè.

FEDERICA SABBATINI: IL BIANCO E IL NERO DEL DESIDERIO

La poesia italiana contemporanea è ancora alla ricerca di un’identità forte che possa permettere di tracciare una linea di demarcazione, una via sicura tra le molteplici voci che ci capita di leggere e di discernere, così da compilare una mappa orientativa. Tra le donne si registra un grande fermento: la forma poetica si dispone per antonomasia a raccogliere la dolcezza e il malessere del nostro tempo come vera e propria cartina di tornasole. La marchigiana Federica Sabbatini (nata nel 1978 ad Arcevia) fa prevalere un graffio di donna che segna il corpo bianco, un’anima indefessa, un’atmosfera nebulosa. Si condensa un vortice di pensieri sparsi, come fossero soffiati da un vento fastidioso e necessario, puntualmente metaforico. I versi scuotono, sobbalzano, vacillano sul limite della conoscenza umana sotto forma di allegoria. Seguono un’invasione che nasce dalla dicotomia, dalla contraddizione di un’età al femminile: sono la somma di una vita giovane, ma già ferita (e redenta) in espressioni per lo più figurate. Perdonate il bianco e il Nero (Onirica 2012) si compone di azioni, di gesti meccanici, inutili ma sintomatici: “Truccati il viso, / vestiti bene / e non scherzare…”. Oppure: “Ha stretto forte gli occhi /così prepotentemente da partorire una ruga”. Federica Sabbatini totalizza l’esistenza, la rende estrema, come un elastico tra la nascita e la morte, tra due opposti che si toccano nell’atto cruciale del compimento (cioè del vivere). La parola compie il suo destino che dal dolore si eleva all’individuazione di un mondo privato che non può essere solo composto di banale quotidianità. Il bianco e il nero rappresentano il salpare verso una destinazione invisibile, un’àncora di salvezza che la scrittura fissa e restituisce alla persona stessa che la definisce (“Scrivo per capire ciò che scrivo”, diceva Moravia). Ecco allora che la poesia deraglia volontariamente, si fa simbolo immemore: “Ho rintracciato il coraggio di sognare / rovistando nel mio disordine / e quando ho scelto di prendere forma / le mie speranze sono state scalpellate in deliri…”. Il sogno non è evasione, ma spettro ossessivo, brandello di ricordo. “Cosa ne sanno dell’odio che ascoltiamo? / Nulla se non regalassimo loro l’attesa di una lacrima”. Federica Sabbatini affronta la realtà utilizzando una parola evocatrice, primordiale, vibratile. Ogni atto esprime una sensazione e un’immaginazione che mordono. La risonanza di questa parola rivela anche un’appassionata devozione per la pronuncia solenne. Il mondo dell’amore, in particolare, è emblema di luce e di buio. Torniamo sempre all’eterno presente del bianco/nero, della condivisione di ciò che si pone in un contrasto di forze. Le frasi si attorcigliano, si intersecano come fossero viscere. Del resto questa poetessa scrive con la pancia. E’ preda di un umore in rapida evoluzione che compone pazientemente il linguaggio. In questo procedere rapsodico ricorda certi echi di Patrizia Valduga e di Alda Merini. “Io non appartengo alla seta, / ma ad incanto e furore e grida…”. Alcune definizioni ritagliano uno spazio di libertà nel segno dell’anticonvenzionale, perché la composizione tra l’essere e il dire appaia più netta e la poesia sia l’arma di difesa contro ogni agguato, la reazione allo stesso male endogeno. Insomma, non si potrebbe centellinare in altro modo il bianco/nero così impudico, se non con l’esigenza di attingere alla propria pienezza, ai risvolti del proprio io, uno come tanti altri, simile a tanti altri, eppure così diverso e così originale. La lirica dell’io, quindi, che però è chiamata a parlare per sé e per gli altri, a far capire che quando si tace c’è un altro modo di “confessarsi” che solo la poesia può restituire. Un rovistare come in vecchi armadi per tirar fuori ciò che non deve rimanere confinato in uno spazio residuale: la voce, semplicemente, del desiderio.

Alessandro Moscè



Recensione su "Perdonate il Bianco e il Nero"
a cura di Nicola Vacca.


La poesia è spogliarsi e non avere paura della propria nudità. Per questa scelta coraggiosa passa inevitabilmente il poetare autentico. Non è facile incontrare poeti che hanno deciso di prendere la strada della naturalezza e raccontare nei loro versi le vibrazioni emotive del loro modo di stare nel mondo.


Federica Sabbatini con Perdonate e il bianco e il nero (Onirica Edizioni) ci regala una poesia intensa che ha una profonda e riconoscibile radice emozionale. E se, come scriveva Ezra Pound, il poesia l'emozione è tutto, non possiamo arretrare di un millimetro davanti al meraviglioso alfabeto delle passioni che Federica cataloga con la voce del cuore nella sua poesia che tende liricamente e non solo a costruire per i nostri passi un cammino che suggerisce il percorso di infinite strada da seguire per non arrendersi all'inerzia che avanza.

Federica si definisce "soltanto una che si è ordinata d esistere". La sua poesia altro non è che un canto meraviglioso d'amore per questa nostra vita, una variabile impazzita al quale, nel bene e nel male, nel bianco e nel nero, apparteniamo. Ogni verso chiede conto all'urgenza delle cose e attraversa in punta di penna i pochi gesti rimasti che forse ci salveranno, anche se sulla strada gli ostacoli sembrano insuperabili.Alla fine e in maniera scomoda Federica non si nasconde mai dietro quello che scrive e partecipa alla vita con una nudità che non ha paura di mostrarsi.

La poesia per essere vera ha bisogno di una cosa soltanto : " la possibilità di non avere una base su cui indicare l'altezza / e dei nessi che non esistano, / una bussola che nasconda il nord e il sud / così da potermi affidare al respiro del vento"
Federica da sempre si scontra con la vita, unica arma la penna per essere l'inesprimibile che si fatica a tracciare perché lì è di casa l'essenziale invisibile agli occhi che partorisce il sogno e dà voce al cuore che non può smettere di parlare.





dal Blog 

su "Perdonate il Bianco e il Nero" 
di Federica Sabbatini

"Perdonate il Bianco e Nero"
Onirica Edizioni
L’intera gamma di colori compresa ogni sfumatura possibile racchiusa negli estremi di un titolo; un filo nero a delimitare di donna un profilo con lo sguardo remissivo appena tratteggiato soltanto sulla copertina completamente bianca ed un sottotitolo “percorsi e poesie” ad indicarne la strada. Questa l’introduzione grafica del libro di Federica Sabbatini, Perdonate il Bianco e il Nero, Onirica Edizioni 2012, con l’aggiunta sul retro-copertina di poche notizie biografiche. Perché l’essenziale è racchiuso in poco meno di ottanta pagine dense di vissuto, scure di precisa cognizione di causa ed esatte nel loro essere in bilico tra realtà e sogno.

“…e un giorno si ritrovò disarmata nell’osservare il suo riflesso allo specchio”potrebbe definirsi l’incipit di questo connubio di versi, prosa e prosa poetica atti a conoscersi e ancor più riconoscersi, che Federica Sabbatini affida a se stessa in primis e poi al lettore, chiamato ad una sorta di lettura \ scontro non semplice con i temi proposti e con l’ottica in cui vengono esposti: siamo di fronte alla presa di coscienza e posizione di una ragazza che ha deciso di evolvere ed essere e vedersi donna, perché tale si sente indipendentemente dalla fisiologia certa ed accettata che la vede madre nel contesto abitativo e familiare (tu sei me, \ l’ammontare delle parole, \ il mio rinvio, il mio contrasto più acceso. \ […] tu sei l’unico mio perdono – si legge nella dedica a sua figlia). Un cammino seminato di insicurezze – pronte a sbocciare in frutti maturi – e obblighi da elaborare e da cui raccogliere se stessi (autrice  elettori), veri e autentici; un procedere difficoltoso del quale spesso si avverte come un senso di colpa, quasi fosse un errore la volontà di crescere in maniera differente da quanto gli altri vorrebbero (Cosa senti, cielo? \ anche tu soffri delle dispersioni? \ l’intromettersi nel tuo intimo?); un avanzare anche nella lettura a passo man mano più lento, misurato, perché da istintivo si è fatto cosciente e voluto.

Un testo dettato e governato da Amore, che ricama nel quotidiano dolore del non-essere-ancora e costantemente richiama a sé, dando la grazia di una scrittura colma d’affetto cercato e donato senza misura, casa per un Io desideroso d’accettazione e straripante di dolcezza non stucchevole, ma tale da rendere una forza ancora maggiore ad una poesia e ad una prosa preziose, leali e sincere. Come sincera è la voglia dell’Autrice di farsi scoprire nella sua nuova età, con le sue difficoltà ancora in itinere e con la sua grande forza di voler riuscire nella “situazione” più immutevole e difficile per ciascuno: amare ed essere amata (Una volta mi bastavo, \ ora, senza di te, sono una metà \ e questo mi fa paura e mi rasserena, \ contrasto rassicurante e tormentoso, \ tu, radice benevola e infestante.) – [Angela Greco]
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di seguito i versi (così sulla pagina) che chiudono il testo:

“E’ una notte alla quale hanno rubato i silenzi e gli angeli.
Avrebbero voluto tappare e riempire questa bottiglia
con i respiri delle foglie mosse dal vento.
Avrebbero voluto dipingere il bagliore della luna,
sul tuo corpo,
(solo per regalarti un miraggio di luce),
ma vi hanno condannato a mille tempi di riverberi,
riflessi che si levano e dissolvono
come le visioni dei folli.

Saranno le attese a scolpire le vostre rughe.
Io non appartengo alla seta,
ma ad incanto e furore e grida.
Sono pazzia e follia
(nei mie spazi, ma anche fuori)
e molte come me
sanno che ridere può dar noia
(e allora rido).

Ho aperto tanto:
finestre, cieli e gambe
(e cuore, ma questo poco conta);
e ho mostrato ancora di più:
fegato, mani e seni
(e occhi, ma non sono stati notati);
ho anche brindato oltre misura
per rendere grazie alla mia bocca
e quella di altri (ma forse non ho ancora finito).

…ma dove sono scappati tutti? E i miei tratti?
Resto in movimento, qui, a mangiarmi le unghie
osserverò e seguirò persone e venti e poi sarò di nuovo con me.

Adesso, raccolgo un petalo e provo a incarcerarne il profumo:
io non apparterrò mai alla seta.


***

Grazie ad Angela Greco per queste bellissime parole sul mio Libro
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4 commenti:

  1. si, complimenti senza misura!
    e con affetto. tanto. continua così!!!

    AnGre

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  2. leggo e sento la voglia incontenibile di vita "legata" al filorosso parola
    elina

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