FEDERICA SABBATINI:
IL BIANCO E IL NERO DEL
DESIDERIO
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La
poesia italiana contemporanea è ancora alla ricerca di un’identità forte che
possa permettere di tracciare una linea di demarcazione, una via sicura tra le
molteplici voci che ci capita di leggere e di discernere, così da compilare una
mappa orientativa. Tra le donne si registra un grande fermento: la forma
poetica si dispone per antonomasia a raccogliere la dolcezza e il malessere del
nostro tempo come vera e propria cartina di tornasole. La marchigiana Federica
Sabbatini (nata nel 1978 ad Arcevia) fa prevalere un graffio di donna che segna
il corpo bianco, un’anima indefessa, un’atmosfera nebulosa. Si condensa un
vortice di pensieri sparsi, come fossero soffiati da un vento fastidioso e
necessario, puntualmente metaforico. I versi scuotono, sobbalzano, vacillano
sul limite della conoscenza umana sotto forma di allegoria. Seguono
un’invasione che nasce dalla dicotomia, dalla contraddizione di un’età al
femminile: sono la somma di una vita giovane, ma già ferita (e redenta) in
espressioni per lo più figurate. Perdonate il bianco e il Nero (Onirica 2012)
si compone di azioni, di gesti meccanici, inutili ma sintomatici: “Truccati il
viso, / vestiti bene / e non scherzare…”. Oppure: “Ha stretto forte gli occhi
/così prepotentemente da partorire una ruga”. Federica Sabbatini totalizza
l’esistenza, la rende estrema, come un elastico tra la nascita e la morte, tra
due opposti che si toccano nell’atto cruciale del compimento (cioè del vivere).
La parola compie il suo destino che dal dolore si eleva all’individuazione di
un mondo privato che non può essere solo composto di banale quotidianità. Il
bianco e il nero rappresentano il salpare verso una destinazione invisibile,
un’àncora di salvezza che la scrittura fissa e restituisce alla persona stessa
che la definisce (“Scrivo per capire ciò che scrivo”, diceva Moravia). Ecco
allora che la poesia deraglia volontariamente, si fa simbolo immemore: “Ho
rintracciato il coraggio di sognare / rovistando nel mio disordine / e quando
ho scelto di prendere forma / le mie speranze sono state scalpellate in
deliri…”. Il sogno non è evasione, ma spettro ossessivo, brandello di ricordo.
“Cosa ne sanno dell’odio che ascoltiamo? / Nulla se non regalassimo loro
l’attesa di una lacrima”. Federica Sabbatini affronta la realtà utilizzando una
parola evocatrice, primordiale, vibratile. Ogni atto esprime una sensazione e
un’immaginazione che mordono. La risonanza di questa parola rivela anche
un’appassionata devozione per la pronuncia solenne. Il mondo dell’amore, in
particolare, è emblema di luce e di buio. Torniamo sempre all’eterno presente
del bianco/nero, della condivisione di ciò che si pone in un contrasto di
forze. Le frasi si attorcigliano, si intersecano come fossero viscere. Del resto
questa poetessa scrive con la pancia. E’ preda di un umore in rapida evoluzione
che compone pazientemente il linguaggio. In questo procedere rapsodico ricorda
certi echi di Patrizia Valduga e di Alda Merini. “Io non appartengo alla seta,
/ ma ad incanto e furore e grida…”. Alcune definizioni ritagliano uno spazio di
libertà nel segno dell’anticonvenzionale, perché la composizione tra l’essere e
il dire appaia più netta e la poesia sia l’arma di difesa contro ogni agguato,
la reazione allo stesso male endogeno. Insomma, non si potrebbe centellinare in
altro modo il bianco/nero così impudico, se non con l’esigenza di attingere
alla propria pienezza, ai risvolti del proprio io, uno come tanti altri, simile
a tanti altri, eppure così diverso e così originale. La lirica dell’io, quindi,
che però è chiamata a parlare per sé e per gli altri, a far capire che quando
si tace c’è un altro modo di “confessarsi” che solo la poesia può restituire.
Un rovistare come in vecchi armadi per tirar fuori ciò che non deve rimanere
confinato in uno spazio residuale: la voce, semplicemente, del desiderio.
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Recensione interessante da leggere, complimenti.
RispondiEliminaE complimenti alla Poesia, che vale da sè.
AnGre
Grazie Angela.
Eliminaè una nota ben scritta, curata, densa
RispondiEliminacrea un giusto incontro con i testi, apre lo sguardo
seguirò la tua poesia Federica, imparerò ad ascoltare il colore della voce nello sfondo di un mattino-sera tutto ancora da dire
Grazie Elina, un abbraccio.
Eliminaeh sì, le parole si attorcigliano, è vero, sono fondamentali per questa autrice, pulsano, come carne viva, direi... una passionalità e una poesia, forse, in fase di esplosione
RispondiEliminaGrazie Giuseppe per apprezzare la mia poesia. Un abbraccio affettuoso ^^
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