lunedì 15 aprile 2013

Recensione su "Perdonate il Bianco e il Nero" a cura di Alessandro Moscè.

FEDERICA SABBATINI: 
IL BIANCO E IL NERO DEL DESIDERIO



La poesia italiana contemporanea è ancora alla ricerca di un’identità forte che possa permettere di tracciare una linea di demarcazione, una via sicura tra le molteplici voci che ci capita di leggere e di discernere, così da compilare una mappa orientativa. Tra le donne si registra un grande fermento: la forma poetica si dispone per antonomasia a raccogliere la dolcezza e il malessere del nostro tempo come vera e propria cartina di tornasole. La marchigiana Federica Sabbatini (nata nel 1978 ad Arcevia) fa prevalere un graffio di donna che segna il corpo bianco, un’anima indefessa, un’atmosfera nebulosa. Si condensa un vortice di pensieri sparsi, come fossero soffiati da un vento fastidioso e necessario, puntualmente metaforico. I versi scuotono, sobbalzano, vacillano sul limite della conoscenza umana sotto forma di allegoria. Seguono un’invasione che nasce dalla dicotomia, dalla contraddizione di un’età al femminile: sono la somma di una vita giovane, ma già ferita (e redenta) in espressioni per lo più figurate. Perdonate il bianco e il Nero (Onirica 2012) si compone di azioni, di gesti meccanici, inutili ma sintomatici: “Truccati il viso, / vestiti bene / e non scherzare…”. Oppure: “Ha stretto forte gli occhi /così prepotentemente da partorire una ruga”. Federica Sabbatini totalizza l’esistenza, la rende estrema, come un elastico tra la nascita e la morte, tra due opposti che si toccano nell’atto cruciale del compimento (cioè del vivere). La parola compie il suo destino che dal dolore si eleva all’individuazione di un mondo privato che non può essere solo composto di banale quotidianità. Il bianco e il nero rappresentano il salpare verso una destinazione invisibile, un’àncora di salvezza che la scrittura fissa e restituisce alla persona stessa che la definisce (“Scrivo per capire ciò che scrivo”, diceva Moravia). Ecco allora che la poesia deraglia volontariamente, si fa simbolo immemore: “Ho rintracciato il coraggio di sognare / rovistando nel mio disordine / e quando ho scelto di prendere forma / le mie speranze sono state scalpellate in deliri…”. Il sogno non è evasione, ma spettro ossessivo, brandello di ricordo. “Cosa ne sanno dell’odio che ascoltiamo? / Nulla se non regalassimo loro l’attesa di una lacrima”. Federica Sabbatini affronta la realtà utilizzando una parola evocatrice, primordiale, vibratile. Ogni atto esprime una sensazione e un’immaginazione che mordono. La risonanza di questa parola rivela anche un’appassionata devozione per la pronuncia solenne. Il mondo dell’amore, in particolare, è emblema di luce e di buio. Torniamo sempre all’eterno presente del bianco/nero, della condivisione di ciò che si pone in un contrasto di forze. Le frasi si attorcigliano, si intersecano come fossero viscere. Del resto questa poetessa scrive con la pancia. E’ preda di un umore in rapida evoluzione che compone pazientemente il linguaggio. In questo procedere rapsodico ricorda certi echi di Patrizia Valduga e di Alda Merini. “Io non appartengo alla seta, / ma ad incanto e furore e grida…”. Alcune definizioni ritagliano uno spazio di libertà nel segno dell’anticonvenzionale, perché la composizione tra l’essere e il dire appaia più netta e la poesia sia l’arma di difesa contro ogni agguato, la reazione allo stesso male endogeno. Insomma, non si potrebbe centellinare in altro modo il bianco/nero così impudico, se non con l’esigenza di attingere alla propria pienezza, ai risvolti del proprio io, uno come tanti altri, simile a tanti altri, eppure così diverso e così originale. La lirica dell’io, quindi, che però è chiamata a parlare per sé e per gli altri, a far capire che quando si tace c’è un altro modo di “confessarsi” che solo la poesia può restituire. Un rovistare come in vecchi armadi per tirar fuori ciò che non deve rimanere confinato in uno spazio residuale: la voce, semplicemente, del desiderio.

Alessandro Moscè




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6 commenti:

  1. Recensione interessante da leggere, complimenti.
    E complimenti alla Poesia, che vale da sè.
    AnGre

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  2. è una nota ben scritta, curata, densa
    crea un giusto incontro con i testi, apre lo sguardo
    seguirò la tua poesia Federica, imparerò ad ascoltare il colore della voce nello sfondo di un mattino-sera tutto ancora da dire

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  3. eh sì, le parole si attorcigliano, è vero, sono fondamentali per questa autrice, pulsano, come carne viva, direi... una passionalità e una poesia, forse, in fase di esplosione

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    1. Grazie Giuseppe per apprezzare la mia poesia. Un abbraccio affettuoso ^^

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